S.I.P.G. Società Italiana Psicoterapia Gestalt

Newsletter Sipg.it - Numero 3

Indice
News dalla Sipg
EAGT
FIAP
EAP
Convegni&Congressi
Corsi, Seminari &
Workshops
Libri&Segnalazioni
Archivio
Riviste & DVD

 

RECENSIONI

 

 

Pietro Cavaleri

Vivere con l'altro.

Per una cultura della relazione

Ed. Città Nuova, 2007

 

I molteplici volti del disagio sociale e della sofferenza mentale hanno oggi in comune una medesima difficoltà: l'incapacità a relazionarsi. In questi ultimi anni sembra che siano venute meno le competenze relazionali più elementari e scontate, quelle che riguardano la paziente attitudine all'ascolto, la capacità di mettersi nei panni dell'altro, la disponibilità a condividere e ad essere solidali. È a partire dalla cultura della relazione che l'uomo postmoderno può ritrovare la propria dignità, in un passaggio storico nel quale l'economia globale e la tecnologia avanzata rischiano di asservirlo totalmente. Mantenendo sempre un taglio divulgativo, il libro vuole essere un contributo volto a recuperare l'apprendimento delle "competenze relazionali", che l'autore delinea all'interno di una grammatica della relazione, offerta al lettore come spunto di riflessione per una migliore gestione del rapporto con l'altro in diversi contesti.

 

 

 

VANNA IORI 

NEI SENTIERI DELL’ESISTERE 
 SPAZIO, TEMPO, CORPO, NEI PROCESSI FORMATIVI

Erickson, Trento 2006; pp 221,

18,50

In questo interessante testo, l’autrice Vanna Iori esplora i processi formativi secondo l’orientamento di una pedagogia fenomenologico–esistenziale.

Nella prima parte vengono elaborati i concetti fondanti di una pedagogia con tale orientamento: progetto formativo inteso come progettazione esistenziale condivisa dai due poli dell’interazione educativa (con-essere educativo), che è aperta al nuovo e si alimenta dell’esperienza passata; assunzione di dignità scientifica alla soggettività della persona, in termini di libertà, autenticità e responsabilità; valore dei vissuti e dell’empatia nel campo educativo, empatia che ha la capacità di perseguire un significato per l’esistenza umana, ed in particolare per l’agire educativo (o “cura educativa”). A questo riguardo, vogliamo sottolineare l’acuta definizione di empatia, ricordata dall’autrice, o meglio (come lei dice) di “entropatia”: “…conoscere i vissuti esperienziali altrui, presenti in me attraverso il rapporto con l’altro, nel mondo dell’esistenza comune. (….). Empatizzare significa stare in prossimità dell’altro (….), prossimità nella distinzione (….)”. (pp 41,42).

Vanna Iori, inoltre esplicita l’importanza, da parte di chi agisce in termini di cura educativa, di possedere abilità relazionale e capacità di accoglienza della dimensione affettiva e corporea, per aiutare gli altri ad elaborare i propri sentimenti, come chiavi di lettura dell’esperienza , per poter “sentire” l’alterità e la sua vicinanza.

Nella seconda parte del testo, l’autrice ci introduce ai tre temi “linee di fuga” per uno sguardo educativo d’impronta fenomenologico-esistenziale: lo spazio-vissuto, come spazio educativo, sia in termini di spazio interiore che di spazio-territorio (la casa, la terra…); la temporalità, come costitutiva di ogni esperienza di formazione, (tessuto temporale declinantesi in tempo della memoria, tempo dell’”experiri” e tempo del pro-getto); il corpo-vissuto, corpo come prima effettività dell’esistenza, soggetto-corpo maschile o femminile che, nel suo vissuto d’esperienza, incontra altri corpi con i quali crescere, attraversando le varie tappe del ciclo di vita.

Questo testo può sicuramente arricchire il “ground” di uno psicoterapeuta della Gestalt interessato alla relazione educativa (e non solo). Esso, infatti, fornisce un linguaggio rigoroso dal punto di vista fonomenologico-esistenziale, contestualizzando con chiarezza molti concetti cari ad un gestaltista: intenzionalità, sguardo fenomenologico, progettazione esistenziale, spazio-tempo vissuti che si manifestano nella corporeità vissuta, orizzonte di senso, responsabilità….

Nello stesso tempo, come psicoterapeuti della Gestalt, possiamo cogliere il frutto di una “prossimità nella distinzione”. Infatti, sia per questa autrice che per la PdG, l’evento educativo è visto come una relazione, un rapporto di reciprocità, colto “in situazione”, ma la qualità dello sguardo della Iori e di quello della PdG è un po’ diversa. La prima è paragonabile ad una visione grandangolare, che ha grande respiro ma può perdere in intensità; la seconda è più simile alla visione data da un obiettivo ad alta definizione, che coglie pienamente, ed in un solo colpo d’occhio, l’attimo, ma può rischiare di slacciarlo dal suo sfondo.

In conclusione, la lettura di questo testo può contribuire ad arricchire lo sfondo di uno psicoterapeuta della Gestalt, a sostegno nella notevole capacità di integrazione e “coagulazione” di esperienze che il suo modello gli permette.

Maria Mione, Istituto di Gestalt H.C.C.

Sede di Venezia

 

 

ANTONIO DAMASIO

EMOZIONE E COSCIENZA

Ed. Adelphi, marzo 2005

 €30,00

 

Titolo originale: “The Feeling of  What Happens – Body and Emotion in the Making of Consciousness”, 1999

 

Neuroscienziato e ricercatore di fama, Damasio si rammarica profondamente che le geniali intuizioni di Charles Darwin e di William James sulla funzione evolutiva/adattiva e sulla origine percettivo/corporea delle emozioni siano rimaste a lungo abbandonate ed inesplorate dalla ricerca, e dedica il suo lavoro alla costruzione di ponti fra sperimentazione ed esperienza,  ragione ed emozione, mente e corpo, organismo e ambiente (dolorose scissioni che Goodman definì a suo tempo "nevrotiche").  Dall’altra parte del ponte, i terapeuti della Gestalt hanno a loro volta un gran bisogno – per sfuggire dalla trappola del narcisismo delle avanguardie - di confrontare le originali intuizioni di Perls e Goodman e la propria pratica clinica sia con le altre psicoterapie che con i dati che emergono dal campo condivisibile delle neuroscienze e dell’enfant research. E Damasio parla, per nostra fortuna, un linguaggio comprensibile e familiare, oltre che rigoroso: emozione e coscienza, sé, processo, funzione, organismo, ambiente, omeostasi, creatività ...

Come già per Perls fin dai tempi di “L’Io, la fame e l’aggressività”, la mente per Damasio è una funzione organismica, filogeneticamente tardiva, apparsa ai fini della sopravvivenza individuale e della specie in organismi/ambienti complessi. Essa consiste nella capacità – resa possibile dall’evolversi strepitoso del Sistema Nervoso Centrale - di rappresentare “per immagini” sia l’ambiente esterno che l’ambiente corporeo, fra loro in interazione reciproca, e di elaborare tali stati ed interazioni in mappe dinamiche, causali e predittive, come basi di una autoregolazione metabolica e comportamentale (nell'animale-uomo anche consapevole e creativa), che si concretizza, per psicologia e psicoterapia della Gestalt, nel processo figura-sfondo.

Le emozioni (“la saggezza del corpo” secondo Perls e Goodman) sono per Damasio le risposte complesse e immediate dell’organismo - neurali, metaboliche, cognitive e comportamentali -  attivate in specifiche zone del SNC ad opera delle “immagini” di oggetti/soggetti/situazioni esterne innate o ad esse collegate attraverso l’esperienza.

Allorché le emozioni – in quanto variazioni corporee (umorali, viscerali, muscolo-scheletriche) e cognitive (focalizzazione, attenzione, accelerazione della produzione di immagini ..) - sono rappresentate in alcune mappe neurali del secondo ordine insieme e contemporaneamente alle immagini degli stimoli ambientali (visive, uditive, tattili …) che le hanno indotte, si originano i sentimenti, la percezione delle emozioni dell’organismo in interazione con l’ambiente (con funzione di retroazione positiva, in grado di accentuare rapidità, intensità ed efficacia della stessa reazione emotiva).

Il sentimento dei sentimenti, prodotto dal vario collegarsi delle precedenti mappe neurali del secondo ordine, è il “senso di sé nell'atto di conoscere” o “coscienza nucleare”, la consapevolezza di  avere percezioni, emozioni ed azione nel qui ed ora rispetto ai soggetti/oggetti dell’ambiente.

La coscienza nucleare rappresenta – secondo Damasio – solo il primo livello di coscienza che "fornisce l'organismo di un senso di sé in un dato momento -ora- e in un dato luogo-qui-. Il raggio della coscienza nucleare è il qui ed ora. La coscienza nucleare non illumina il futuro e l'unico passato che ci lascia vagamente intravedere è quello trascorso un istante fa. Non esiste un altrove, non esiste un prima, non esiste un dopo... è stabile in tutto l'arco di vita dell'organismo…“. 

Questa consapevolezza istantanea, questo senso di sé in interazione qui ed ora con l’ambiente, consente all’organismo di creare mappe e schemi organismo/ambiente colorati di piacere e dolore, di apprendere dall’esperienza, di aumentare le conoscenze e capacità nelle situazioni affini e arricchire il campo attuale di valenze positive e negative che guidino il movimento in esso. Dalla coscienza e dal sé nucleare emergono il senso di sé dell’esperienza comune con tutte le sue potenzialità : la coscienza estesa ed il sé autobiografico.

 

Citando a questo proposito Damasio : “in ogni momento molti di questi ricordi impliciti possono essere resi espliciti simultaneamente. La loro attivazione in forma di immagini costituisce lo sfondo di ogni momento di una vita mentale sana ... Questo è il materiale che usiamo quando descriviamo la nostra personalità o le particolari caratteristiche del modo di essere di un'altra persona.... Il super senso della coscienza estesa alla fine porta alla luce un essere fatto e finito. Nella coscienza estesa, sia il passato sia il futuro previsto vengono percepiti insieme al qui ed ora in un'ampia visione che abbraccia tutto l'orizzonte, come in un romanzo epico. ... i livelli di conoscenza che consentono la creatività umana sono quelli che soltanto la coscienza estesa permette…”.

 

Presente pieno di passato e di futuro, comportamenti qui ed ora influenzati dagli schemi interattivi appresi e dalle conseguenti aspettative, ma anche capacità di organizzare creativamente la situazione attuale ed i propri comportamenti tenendo conto delle sue originali specificità, comprensioni istantanee (insight) ma anche tempo per un’aumentata consapevolezza e ragionamento, al fine di creare interazioni virtuali prima ancora che azioni concrete, sulle quali il giudizio ultimo – in termini di valori, sopravvivenza, gratificazione - torna nuovamente all’emozione ed al sentimento. Con le parole di Goodman " il corpo è pieno di una saggezza ereditata... nelle sue emozioni possiede una sorta di conoscenza dell'ambiente nonché delle motivazioni per l'azione ... Le emozioni sono un mezzo di cognizione. Lungi da costituire degli ostacoli al pensiero, essi sono le espressioni uniche dello stato del campo organismo-ambiente... In quanto cognizione sono fallibili, ma correggibili, non respingendole ma cercando di vedere se possono svilupparsi nei sentimenti più stabili che accompagnano l'orientamento deliberato …". In questo senso  Goodman intendeva che la psicoterapia è "educazione delle emozioni", il continuo recuperare, valorizzare  e superare l’esperienza vissuta trascorsa e i limiti della personalità  e della cultura stessa.

 

Confrontiamo questo passo con le parole di Damasio: " Le emozioni ben dirette e ben dispiegate paiono essere un sistema di appoggio senza il quale l'intero edificio della ragione non può operare a dovere ...  negli organismi dotati di coscienza, cioè in grado di sapere di avere sentimenti, si raggiunge un altro livello di regolazione. La coscienza fa sì che i sentimenti vengano conosciuti e quindi favorisce l'effetto delle emozioni all'interno, fa sì che l'emozione pervada il processo mentale per il tramite del sentimento... in tal modo la coscienza accresce la capacità dell'organismo di reagire in maniera adattiva, attenta alle esigenze dell'organismo in questione. L'emozione è dedicata alla sopravvivenza di un organismo e così anche la coscienza... Quando si dispone della coscienza, i sentimenti producono il massimo effetto e gli individui possono anche riflettere e pianificare. Possiedono lo strumento per controllare la tirannia delle emozioni: si chiama ragione La coscienza è un ingrediente indispensabile della mente umana creativa, ma non è tutta la mente umana, e... non è neanche l'apice della complessità mentale. Per quanto forti siano le conseguenze degli espedienti biologici che generano la coscienza, io la considero come un livello intermedio più che come il culmine dello sviluppo biologico. L'etica e la legge, la scienza e la tecnologia, l'opera delle Muse e la benedizione della bontà umana, questo vedo all'apice della biologia". Buona lettura.

 

Franco Gnudi, IBTG, Torino

 

 

Giovanni Stanghellini

Psicopatologia del senso comune

Raffaello Cortina editore

Milano, 2006 - euro 22

 

Questo libro di  Giovanni Stanghellini propone una lettura inedita e molto interessante della psicopatologia della schizofrenia e della psicosi maniaco-depressiva a partire da una dichiarata e feconda contaminazione fra sapere filosofico e sapere psicopatologico. Ma il lavoro è anche attentamente sostenuto dall’integrazione dei recenti sviluppi delle neuroscienze, dell’infant research e della psicoterapia.

Lo studio, di taglio chiaramente fenomenologico,  prende le mosse da una rivisitazione critica ed accurata delle prospettive psicopatologiche sulla psicosi nella storia della psichiatria. La traccia seguita dall’autore, e in linea con la tradizione della psichiatria fenomenologia, è che la psicosi sia lo scacco del soggetto come essere sociale. L’analisi di questo “essere sociale” portata avanti nel testo mette in relazione, in particolare, il concetto di senso comune, koine aisthesis, di Aristotele con il funzionamento dei neuroni mirror e con la prospettiva dell’intersogettività di Stern. Il senso comune che l’autore identifica come fondamento del poter-essere-sociali (e quindi non psicotici) è una percezione diretta, pre-cognitiva, corporea e incarnata dell’altro e di sé sulla quale si basa la sintonizzazione reciproca e ogni possibilità comunicativa. E’ questo “senso comune” che risulta essere profondamente disturbato nell’esperienza psicotica schizofrenica e maniaco depressiva. Il libro tratta del vissuto soggettivo di queste due esperienze psicotiche mettendone in luce le specificità e le differenze: “le persone vulnerabili alle schizofrenie sono debolmente ancorate al senso comune, mentre quelle vulnerabili alle psicosi maniaco-depressive sono pesantemente incagliate ad esso”.

Si tratta di un incrocio di prospettive con il quale è estremamente interessante confrontare e situare la nostra prospettiva gestaltica: il dialogo con queste linee di riflessione e ricerca non può che confermare e rafforzare la nostra definizione teorica e la nostra phronesis clinica. La linea di ricerca che Stanghellini ci propone nel suo libro può dare un significativo sostegno al nostro sforzo di mantenere il discorso psicopatologico sempre sul filo della relazione e dell’intersoggettività cercando di evitare di considerare il malessere come un attributo dell’individuo, ma rimandandolo sempre alla relazione. Sforzo difficilissimo per i limiti stessi del nostro linguaggio cartesiano e sempre in bilico perché la semplificazione indotta dalla prospettiva individuale e intrapsichica ci attrae e nello stesso tempo ci sottrae dal gioco angosciante e paradossale del sintonizzarci con l’in-sintonizzabile.

 

 

 Eugène Minkowski


Verso una cosmologia
Frammenti filosofici

Introduzione di Eugenio Borgna
Einaudi 2006, Euro 22

La lettura di questo libro per un terapeuta della Gestalt è al tempo stesso un incontro con le proprie radici epistemologiche e un’apertura verso possibilità di ricerche future, stimolate da spunti a volte frammentari, ma capaci sempre di sbalzare l’attenzione verso l’irriducibile freschezza e novità dell’ovvio. “Verso una cosmologia” è un testo pubblicato per la prima volta nel 1936 e ora disponibile in Italia grazie all’edizione della Biblioteca Einaudi e all’introduzione di Eugenio Borgna. E’ il libro che chiude la trilogia di Minkowski dopo “La schizofrenia” e “Il tempo vissuto”, ed è uno studio sulla percezione e più precisamente sul sentire, declinato nelle sue varie modalità sensoriali. 

L’autore, uno dei primi e più raffinati studiosi che traccia l’incontro fra fenomenologia e psicopatologia, ci offre, attraverso un linguaggio poetico dalle inattese aperture, un testo esemplare e vivo che ci consente di avvicinare l’esperienza della ‘posizione’ fenomenologica e di attraversarla “in vivo”. Un libro, afferma Borgna nella sua introduzione, “così attuale e così prodigiosamente vicino ai grandi problemi della condizione umana che, ieri come oggi, non può essere colta nei suoi abissi di significato psicologici e psicopatologici se non con un linguaggio estraneo a ogni gergalità e ad ogni riduzionismo terminologico”.

Oltre ad essere un esempio attualissimo di fenomenologia viva, il testo offre alcuni spunti illuminanti di confronto con la posizione psicoanalitica, come ad esempio la critica alla visione del lavoro artistico, indebitamente ridotto, secondo l’autore, all’espressione sublimante di un conflitto affettivo che non dà ragione dello slancio creativo, il quale trae forza da ben altre inquietudini e ricerche. Questo slancio creativo non proviene infatti da un conflitto affettivo intrapsichico, ma da quello che Minkowski chiama conflitto “antropo-cosmico”, un conflitto, cioè, che si tende fra le forze irrimediabilmente contrapposte fra individuo e ambiente, fra uomo e cosmo. Come non ritrovare assonanze significative con il concetto gestaltico di adattamento creativo, ricerca di una sintesi tutt’altro che intrapsichica che si srotola sulla linea di confine in cui l’ambiente e l’organismo si incontrano e con-finiscono?

G.F.
 

 

Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia


So quel che fai
Il cervello che agisce e i neuroni specchio

R. Cortina, 2006, Euro 21


La scoperta dei neuroni mirror, avvenuta a metà degli anni ’90 ad opera di Giacomo Rizzolatti e collaboratori dell’Università di Parma, ha aperto nuove e rivoluzionarie prospettive di ricerca nell’ambito delle neuroscienze, con conseguenze che stanno attraversando ambiti disciplinari diversi come la psicologia, la pedagogia, la sociologia, l’antropologia, la linguistica.

I mirror costituiscono una popolazione neuronale che presenta un funzionamento davvero eccezionale: essi si attivano non solo quando il soggetto compie un’azione, ma anche quando vede un altro compierla oppure avere l’intenzione di compierla. Inoltre, il sistema mirror si attiva allo stesso modo quando il soggetto prova un’emozione e quando vede un altro provarla.

Questo libro, scritto da Rizzolatti (Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma) e da Sinigaglia (che insegna Filosofia della Scienza all’Università di Milano), ha il merito di presentare con chiarezza i risultati di queste ricerche e di evidenziarne le implicazioni cognitive, comunicative e, in un certo senso, relazionali.

Per noi gestaltisti è particolarmetene interessante trovare la corrispondenza con alcune nostre linee epistemologiche di fondo. Alcuni esempi: c’è una comprensione che non è cognitiva, ma immediatamente presente nell’azione (“il cervello che agisce è anche e anzitutto un cervello che comprende”, pag 3); la realtà non è indifferente o neutra, ma già eccitante e intenzionata (“…la tazzina funge da polo d’atto virtuale (…) la vista della tazzina non sarebbe che una forma preliminare d’azione, una sorta di appello ad agire che (…) la caratterizza come qualcosa da prendere per il manico, con due dita, ecc., identificandola così in funzione delle possibilità motorie che essa racchiude”, pag. 47-48); l’individuo/organismo separato dal suo ambiente/contesto è un’astrazione (“Ciò mostra quanto radicato e profondo sia il legame che ci unisce agli altri, ovvero quanto bizzarro sia concepire un io senza un noi”, pag 4).

Inoltre è sorprendente trovare nel testo autori a noi molto familiari e persino costitutivi delle nostre radici (G.H. Mead, W. James, M. Merleau-Ponty) che vengono citati e valorizzati per aver fornito ante-litteram alcune delle più precise descrizioni fenomenologiche dell’esperienza intersoggettiva, oggi ampiamente confermate da queste scoperte. A questo proposito viene citato anche Daniel Stern (il quale nei suoi lavori cita a sua volta ampiamente queste ricerche) in quanto il sistema dei mirror sarebbe alla base dell’intersoggettività, quell’esperienza di reciprocità (“io so che tu sai che io so…”) che costituisce la matrice fondamentale delle interazioni umane.

Un libro, dunque, che offre un accessibile aggiornamento su queste ricerche e conferma la validità delle straordinarie intuizioni teoriche dei nostri fondatori attraverso un differente linguaggio e in un ambito di indagine attiguo alla nostra quotidiana esperienza clinica.

G.F.
 

 

James W. Barron (a cura di)

Dare un senso alla diagnosi
R. Cortina, 2005, Euro 35


Il DSM, nelle varie edizioni che si sono susseguite dalla sua prima stesura nel 1951, è diventato il riferimento principale per quanto riguarda la classificazione e la diagnosi dei cosiddetti “disturbi mentali”. Si tratta di uno strumento discusso e controverso sia da parte dei ricercatori che, ancor di più, dei clinici.

Il libro raccoglie i contributi di vari autori (ricercatori, psichiatri, psicoanalisti, terapeuti della famiglia) che discutono e criticano i principi, le basi, le procedure del manuale cercando di metterne in luce i limiti e i vantaggi. L’utilità e la validità del “sistema DSM” è sottoposta al vaglio critico dei vari autori, alcuni dei quali si collocano a favore di un approccio diagnostico che tenga più conto della soggettività del paziente, del continuum dell’esperienza, della storia evolutiva, delle relazioni interpersonali e persino del vissuto controtransferale del terapeuta. Questa critica, anche se presenta punti di vista sistemici e che sostengono un approccio dimensionale e complesso, origina per lo più da una prospettiva teorica psicodinamica e psicoanalitica.

Il merito del testo è di offrire al lettore questo vivace dibattito dando l’occasione di approfondire criticamente i vari aspetti problematici della classificazione del DSM, prospettiva utile proprio laddove una distanza a priori rischia di essere preconcetta e poco argomentata, se non anche ideologica.

Al di là dell’utilità o della validità del DSM, resta l’importanza di riflettere sulla complessità dei temi legati alla diagnosi e alla psicopatologia: anche noi gestaltisti, che siamo stati capaci di evidenziare più di altri le trappole e i paradossi dell’astrazione diagnostica e della classificazione nomotetica, non possiamo eludere questo dibattito, se non altro per collocarci dialetticamente rispetto ad esso.

G.F.

 

 

 

La Società Italiana Psicoterapia della Gestalt è una associazione di professionisti senza scopo di lucro

Vuoi far conoscere le tue iniziative gestaltiche fra i soci della SIPG?
Invia una e-mail a : newsletter@sipg.it

WebMaster: Marco Lobb